
La libertà non è fissa e immutabile. Si scolpisce sulla pietra e poi il vento, le maree le piogge della vita ne definiscono la forma. Può essere profonda, come una grotta in cui ritrovare il proprio fuoco o lieve, accennata e sfuggente come una carezza.
Muta la libertà, continuamente. Come le stagioni, come le temperature del nostro cuore.
Nena e Nina crescendo la cercavano andando a tentativi. Due stanze separate, un bagno per condividere. Amici solo miei, amici solo tuoi, amici di tutte e due.
“Ora basta però, fatti più in là, dammi aria, fammi esistere un po’ da sola”.
A volte si pestavano i piedi, infilavano le braccia una nel golf dell’altra per capire quale fosse la loro vera misura. Una danza scoordinata, due passi più vicine, tre più lontane.
Cercavano il loro spazio per esistere, prendendo a tratti le distanze o annullandole completamente. Invadere i confini per poi rimetterli in discussione ancora.
Quando erano piccole una difronte all’altra facevano il gioco dello specchio.
Se muovo un sopracciglio lo muovi anche tu. Se giro la testa verso sinistra tu la muovi verso destra. Passavano ore a specchiarsi, concentratissime nella missione di emulare esattamente i gesti una dell’altra.
Ad un certo punto lo specchio smise di funzionare. Nena si scioglieva i capelli, Nina li tirava su. Nina si asciugava una lacrima, a Nena spuntava un sorriso. Gesti che si distinguevano, scelte che cambiavano, lo specchio che restituiva immagini disarmoniche, un mare increspato da un periodo nuovo.
E allora ci si chiudeva un po’. Nelle proprie camere. Nei propri silenzi. Nelle telefonate infinite con l’amica di scuola. Nei diari segreti in cui nascondere le proprie verità.
Non erano più una difronte all’altra ma schiena contro schiena come i tronchi di due alberi che si appoggiano uno all’altro per non cadere. Non guardavano più una nella direzione dell’altra ma si sostenevano nelle difficoltà.
La libertà di Nena e Nina passava attraverso il gioco delle differenze. Veniva reclamata a gran voce e a volte in modo scomposto, burrascoso perché in certi casi ci vuole la tempesta per trovare il coraggio di lasciarsi un pò. Durava sempre poco l’acquazzone. Come la terra dopo un temporale, i raggi di sole fanno evaporare la pioggia, le foglie degli alberi si scrollano di dosso il timore, il cielo si apre e mostra un azzurro luminoso.
Così Nena e Nina infilavano una mano nello spiraglio della porta che era rimasta socchiusa e se la stringevano forte circondate dai festosi fiori della tappezzeria e dal blu profondo della moquette.
Non osavano dirselo ma lo impararono con il tempo
che erano libere di allontanarsi perché tanto sarebbero sempre tornate.