Fra tutte le frasi ricorrenti che sento ripetere da quando sono diventata mamma ce n’è una in particolare che mi scatena sempre delle reazioni di fastidio misto a “ma veramente?”. Arriva così, all’improvviso come Gue Pequeno per Rose Villain mentre sei al parchetto, in attesa all’uscita da scuola, alla festina di compleanno. Tu sei lì serena che pensi a cosa preparare la sera per cena e senza preavviso eccola lì, la fatidica frase: “sai com’è, mio figlio dove lo metti sta”. Esiste questa stramba abitudine fra genitori di parlare dei figli come se fossero dei vasi da fiori. Lo vedi quel bambino biondo con gli occhi azzurri? Sta bene ovunque non trovi? Il fatto è che io mio figlio normalmente non “lo metto” in un posto. Lo posso mandare, iscrivere, portare a volte magari lo posso anche lanciare. Ma metterlo no. Metterlo presuppone una totale assenza di movimento, respiro, battito cardiaco, dialogo. Un vaso di fiori appunto. Normalmente la frase viene usata dai genitori per celare una manciata di narcisismo: mio figlio è perfetto, non fa capricci, gli va bene tutto, piace a tutti non ha mai problemi appunto… dove lo metti sta.
Mi sono chiesta a lungo perché questa frase mi desse così fastidio. Forse perché i miei figli non stanno dove li metto? Perché non gli va bene sempre tutto e non stanno bene ovunque? O forse perché io da bambina sono stata per così tanto tempo vaso da fiori da arrivare a rompermi pur di essere libera? Ho poi capito che in questa frase da arredatori di interni si nasconde anche una profonda paura dei problemi perché viviamo in una società che parla molto di inclusione e poco di valore dell’imperfezione. La mia vita mi ha insegnato che la manifestazione dei problemi, dei sentimenti e delle emozioni è la cosa più sana che ci sia. Ho anche capito, vivendo, che nessuna famiglia è perfetta ma che affrontare i problemi porta molto lontano. So anche che gli stessi errori che io recriminavo ai miei genitori probabilmente li sto facendo con i miei bambini e se non sono gli stessi sicuramente ne sto commettendo altri perché siamo umani. Sto imparando attraverso i miei figli che l’importante non è che a loro vada bene tutto e che loro vadano bene a tutti ma che si sentano sempre amati così come sono. Non è facile in questo mondo dire “non sto bene, non va tutto bene” e sono giunta alla conclusione che sia una fortuna avere dei figli capaci di dirlo e di esprimerlo (anche in modo potente ed esplosivo). Perché ci danno l’opportunità di aiutarli e perché se anche forse oggi per loro non è tutto facile sicuramente si stanno attrezzando per diventare individui liberi, empatici e consapevoli. Siamo fatti così noi 4. Non stiamo dove ci mettono e va bene così.

