A tutti i bambini, grandi e piccini che possano diventare farfalle, spalancare le ali, vivere pienamente, compiere il destino per cui sono nati.
C’era una volta un bruco. Era verde come la speranza ed era un inguaribile ghiottone ma a differenza di tutti gli atri bruchi rifiutava l’idea di diventare farfalla.
“Perché dovrei diventare farfalla? Vivere qualche giorno di gloria e poi appassire come il petalo di un fiore?”.
Diceva alla sua amica coccinella, sgranocchiando la tenera foglia di un gelsomino. La coccinella aveva appena finito di farsi largo in mezzo a un assembramento di Afidi e ora si contava i pois.
“Amico mio… davvero pensi che sia meglio passare la tua vita a mangiare sulle foglie, circondata da pidocchi al posto di spalancare le ali e volare sui tetti del mondo? Far innamorare l’universo con la tua bellezza e riflettere le ore del giorno? Scoprire cosa c’è oltre la siepe e che sapore ha il nettare dei fiori?”.
Bruco rispondeva svogliato “Bah… se lo dici tu. A me sembra non sembra così bello, volare come un uccello.”
Il tempo passava, e Bruco cambiava. Per quanto l’idea non gli piacesse la natura guidava. Per quanto lui provasse a cambiare il corso della corrente, l’universo lo portava là dove era destinato ad andare.
Una mattina si svegliò con le prime luci del mattino. Gocce di rugiada creavano fili di perle intorno a lui. A Bruco venne voglia di sgranchirsi le zampe. In quel momento si accorse di non potersi muovere. Un bozzolo duro e coriaceo aveva iniziato a circondare il suo corpo. Bruco rimase intrappolato. Nel giro di pochi giorni si ritrovò completamente rinchiuso in quella scatola argentata. Intorpidito, come se sprofondasse in un tiepido lago, si addormentò.
Coccinella ogni giorno andava a trovarlo. Controllava lo stato del bozzolo e sorrideva. Sapeva che tutto sarebbe andato per il meglio.
Passarono i giorni. Una mattina il sole decise di farsi avanti. Salì alto nel cielo e con un raggio avvolse il bozzolo. La luce calda fece breccia sulla sua dura superficie. L’involucro prezioso si schiuse all’improvviso come una conchiglia.
Coccinella arrivò senza fiato per il lungo volo e piano piano si avvicinò. Non sapeva bene cosa aspettarsi e un poco sbiadì per l’agitazione. Bruco non era più bruco. Al suo posto una meravigliosa creatura spalancò due grandi ali per lasciarle asciugare dalla brezza. Microscopici pigmenti riflettevano i colori dell’arcobaleno e creavano straordinari disegni. Due lunghe antenne incoronavano fiere il suo capo.
Coccinella guardò il suo amico cambiato. Il suo corpo era pieno di grazia e allo stesso tempo emanava una forza sconosciuta, l’impeto del vento che trasforma e porta con sé.
La sua bellezza abbagliava, rifletteva tutti i colori del mondo per poi disperderli intorno come polvere di luce.
Coccinella guardò farfalla.
Farfalla guardò coccinella e le regalò un sorriso che era un po’ un addio, non all’amicizia ma a tutto ciò che non erano più.
Poi, con un battito d’ali si sollevò in alto nel cielo. Sentiva il profumo del nettare, della terra umida, messaggi portati dal mondo.
Quel corpo che era stato un po’ goffo e lento, ora non aveva peso. Poteva andare ovunque volesse. Sulla cima degli alberi, tra i fiori di ciliegio e fare zig zag tra i fili d’erba.
Poteva andare anche laggiù, oltre la siepe, oltre tutto ciò che già conosceva per un tempo che, non sapeva quanto sarebbe durato e non importava.
Coccinella ogni tanto si sollevava spiccava il volo anche lei, non andava troppo in alto e nemmeno troppo lontano. Quel che le bastava per vedere il suo splendido amico nel vento.

Ringrazio mio figlio Pietro per l’illustrazione.
