La bambina che viveva nel parquet.

Di Anna Ponti. Illustrazione di Madeleine Frauchaux.

Angelina è una bambina piccola come una formica e sottile come un filo d’erba.

Vive tra le strette fessure del parquet di una luminosa casa tra le colline.

Non vive lì da sempre, tra un tassello di legno e un altro.

Prima amava stare un po’ di qua e un po’ di là, distesa su un comò, in bilico su un vaso di fiori, rilassata tra gli asciugamani puliti… finché un giorno d’inverno, mentre guardava un sole croccante dalla finestra qualcosa la spaventò. Era una sensazione senza capo né coda, un vento immobile. Un freddo umido che sapeva di fango e di bagnato, un colpo d’aria e di tosse carico di parole sussurrate. Quella sensazione senza luce la spaventò così tanto che a passi piccoli piccoli pensò di correre a rifugiarsi tra le fessure del parquet.

Velocemente il legno asciugò la sua paura.

La vide, ritirarsi, evaporare come una pozzanghera.

“Non avere paura Angelina. Qui sei al sicuro.” Fu il legno a parlare. Era un legno di quercia. Rude e saggio come solo un grande albero teso fra la terra e il cielo sa essere.

Angelina vive lì da quel giorno d’inverno.

Da allora passa le giornate a scaldarsi ascoltando le storie che il legno di quercia le racconta. Storie di uccelli in volo, di fiocchi di neve innamorati delle foglie, di fate nascoste e di case sugli alberi. I suoi racconti preferiti sono quelli di Libero, un bambino piccolo come una formica ma forte come una montagna. Libero non ha paura di vivere.

Vola a cavalcioni sulle libellule, si aggrappa al pelo soffice di qualche cane in corsa, si arrampica in cima agli alberi e guarda il mondo dall’alto, si lancia nei fiumi in piena e dorme sonni profondi e sereni. Non ha paura di stare con i piedi per terra e nemmeno di toccare il cielo con un dito. Non teme la fine del giorno e nemmeno un nuovo inizio. E soprattutto non ha paura del freddo. Sa che il gelo ogni tanto arriva ma poi, semplicemente, passa.

Angelina adora le sue avventure. Le ascolta appoggiando i piccoli gomiti sul legno profumato. Guadando verso l’alto, a pancia in giù, muove i piedini avanti e indietro e sogna di volare insieme a lui su soffici distese di nuvole rosa.

Quel giorno Angelina si sveglia prima del solito. Una insolita emozione le solletica la punta dei piedi. È una sensazione sottile come un velo ma elettrizzante come un anticipo d’estate.

Poi un rumore. Puro e cristallino. Qualcuno ha bussato alla finestra di vetro della casa in collina.

Angelina non ha bisogno di chiedere. Senza pensarci un attimo si arrampica e, dopo tanti tantissimi anni, riemerge per la prima volta dalla fessura del parquet. Un’aria nuova la sta chiamando, un evento libero, di nome e di fatto.

Angelina si china e avvicina le piccolissime labbra al legno caldo.

“Grazie saggio amico mio”.

“Vola piccola. È il momento di ritornare a vivere. Te l’avevo detto che il freddo sarebbe passato”.

Angelina raggiunge il davanzale. Una piccola mano prende la sua.

Lei si lascia delicatamente trascinare via.

È l’inizio di una nuova vita. È l’inizio di una nuova storia.

Quella in cui il freddo ogni tanto arriva e poi semplicemente, passa.

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