Sono stata una bambina e una ragazza molto “intellettuale”. Testa nei libri e pochi vezzi. Ho esplorato e vissuto poco, fino ad un certo punto della mia vita, la mia femminilità. Incombeva sulla mia testa un veto per tutto ciò che potesse essere colorato, sgargiante, frou frou, appariscente. Concessi il bon ton, la sobrietà, l’eleganza fatta di poco. Vietate le esplosioni di colore e di femminilità. Sono cresciuta sognando deserti e gonne ampie scosse dal vento e ho aspettato di diventare grande per indossarle senza paura. Più sicura di me stessa e della donna che voglio essere. Oggi si parla tanto, troppo, di un modello femminile che assomiglia più a un uomo che a una donna. Vestiamo le bambine da scienziate, da matematiche, da elfi del bosco dimenticandoci di quanto noi abbiamo sognato ali di fata per volare. Una donna deve sognare in grande. Vero. Ma deve anche sentirsi libera di indossare quella gonna di chiffon (o di non farlo). Quest’anno mia figlia ha voluto vestirsi da Gufetta dei Super Pigiamini. Poi, passato il carnevale, mi ha detto “Mamma però l’hanno prossimo posso vestirmi da principessa?”. Ma certo bimba mia. Vestiti pure da principessa. Fallo senza paura di essere giudicata. Fallo con leggerezza e con convinzione. Perché io non ti auguro di assomigliare a un uomo. Ti auguro di sentirti principessa in ogni cosa che vorrai fare. Una principessa medico con un tacco 12. Una principessa matematica con una gonna cangiante. Una principessa manager con la corona. E ti auguro di non abbassare mai la testa. Perché è quando abbassiamo la testa che la corona cade. Non quando ci vestiamo di rosa.