Avevo scritto una settimana fa e poi non ho pubblicato. E non pubblicherò perché in una sola settimana ancora tutto è cambiato. Io sono cambiata. Oggi per la prima volta mi sono resa conto di come abbiamo affrontato fino ad oggi tutto questo come guerrieri. Non ci siamo guardati indietro e non guardiamo avanti. Lavoriamo, perché dobbiamo farlo, proteggiamo i bambini il più possibile perché dobbiamo farlo, stiamo a casa il più possibile perché dobbiamo farlo. Si chiama sopravvivenza. Necessità. Non mi ero mai fermata a ragionare o meglio, a sentire l’immensa portata di ciò che stiamo attraversando. Ho cercato di vedere solo il bello e di tenere lontanissimo il brutto. Non mi ero soprattutto mai fermata a ragionare sul mondo che abbiamo all’improvviso, da un giorno all’altro messo da parte. Fino ad oggi. Questo pomeriggio ho portato fuori il cane e Pietro mi ha accompagnata. Abbiamo fatto la breve strada che separa casa nostra dalla Dora. La stessa strada che tutti i giorni facevamo con i bambini per andare a scuola. Arrivati al Ponte Einaudi Pietro mi ha detto “Mamma io vado di qua”. Lui stava andando a scuola. Era pronto ad attraversare e a percorrere la strada che l’ha sempre condotto verso la sue certezze. Era la prima volta che usciva di casa dopo settimane. Io gli ho risposto “No Pietro, non andiamo di là. Facciamo il giro del ponte con il cane e torniamo subito a casa”. L’ho detto però con le lacrime agli occhi. In quel momento, in quel bivio, mi si è palesata all’improvviso tutta la libertà alla quale abbiamo rinunciato. Tutta la vita che stiamo tenendo in sospeso. E non me ne ero resa conto, così a fondo fino ad oggi. Ho affrontato tutto andando semplicemente avanti. Facendo tutto il possibile per non perdere tutto. Lavoro, famiglia. Lavoro, famiglia. Tutto in pochi isolati dai quali non mi allontano ormai da settimane. Oggi lo sguardo di Pietro oltre quel confine che ci siamo posti mi ha sbattuto in faccia la portata di ciò che stiamo vivendo. Mi è mancato il fiato. Tutto si gioca in questi giorni sulle distanze. Dalle persone. Dalla nostra quotidianità. Distanze dilatate dai nostri parenti e amici. Dai nostri uffici. Distanze ridotte a zero di movimento, respiro, convivenza. E mai come oggi mi è arrivato dritto chiaro al cuore come nulla tornerà come prima. Ora riconosco il valore che avrà il giorno in cui, mano nella mano, io e i mei bambini ripercorreremo l’incrocio che dalla Dora ci porterà verso la nostra libertà. E c’è questo fiume che oggi scandisce il mio perimetro. La mia rete di salvezza e allo stesso tempo di clausura. In questo fiume oggi io lascio andare la mia libertà così come trattengo invece la mia fiducia nell’umanità e nel fatto che da tutto ciò, quando ne saremo usciti, sapremmo trarre grandi insegnamenti. Che queste barriere invisibili non diventino eterne ma che al contrario possano rappresentare la trama necessaria per una nuova forma di libertà e vicinanza. Fatta di priorità e consapevolezza. Pietro, ti prometto che tornerai dai tuoi compagni e che vi abbraccerete senza paura. Tornerai nel cuore delle tue amate maestre. Ti prometto che il giorno in cui potremo di nuovo attraversare quell’incrocio lo faremo correndo e cantando di gioia. Nel frattempo, tra alti e bassi, con i nervi tesi, io cercherò di fare di ogni spiraglio di vento, una finestra verso il futuro. E l’unico modo per farlo è non guardare indietro e nemmeno un passo avanti. Qui e ora. Momenti indimenticabili alcuni tristi, altri intrisi di vita, inevitabilmente ancorati al presente. Qui e ora. Necessariamente, finalmente. Che io possa ricordare questo per sempre e non perdere mai più il valore immenso di ogni attimo vissuto.