DIARIO DI UNA QUARANTENA.

Ultimo weekend prima della riapertura delle scuole a gennaio. Siamo seduti a cena e facciamo programmi per il weekend bevendo un bicchiere di vino rosso. Ho passato il pomeriggio sulle giostre con Pietro. Come risposta ad un selfie sul Brucomela Lorenzo, famoso per le sue intuizioni, mi scrive “magari compra due tamponi rapidi in farmacia”. In effetti ho male alle braccia. Forse non respiro nemmeno troppo bene. Mi sto suggestionando? Tornando a casa decido di fermarmi in farmacia, compro il tampone e uscendo dal parcheggio non vedo una macchina e la tampono. Avrei dovuto capirlo. Era un segno. Ho tamponato la macchina per comprare due tamponi. Ed ora eccoci qui. Abbiamo mangiato, abbiamo bevuto e compilato il cid e decidiamo di farci questo benedetto tampone. La sera dopo dovremmo andare a cena da amici meglio essere tranquilli. Fisso la provetta in attesa di vedere comparire le linee. Una linea. Due linee. Positiva. Tutti negativi tranne me. 

Mi autoconfino nella parte alta di casa. Mi sento Rampunzel nella torre mi manca solo la treccia da calare in cambio della cena. Per consolarmi mi installo Netflix sul computer e mi abbandono ai deliri della febbre. La mia vacanza in resort, isolata senza dover fare niente se non guardare il diavolo che mi pare dura 48 ore. Dopo 48 ore Lori inizia a stare male, anzi male male e io sono costretta a scendere dalla torre per prendermi cura dei bimbi. Trasformo camera loro in un accampamento e facciamo finta di essere in vacanza da qualche parte generando disordine e delirio come solo io so fare. Grazie al cielo c’è l’area Covid Free. Quello spazio che suddivide casa nostra da quella della nostra famiglia allargata che ci prepara con amore gnocchi alla romana e torte come se non ci fosse un domani. Passa il tempo. Eh sì il tempo passa per tutti. Arriviamo all’ultimo giorno prima della libertà. C’è un sole meraviglioso. Siamo già tutti negativi. Manca solo il tampone in farmacia il giorno dopo. “Bambini usciamo. Camminiamo fino alla Colletta, non ci avviciniamo a nessuno, facciamo merenda seduti per terra sul prato e torniamo a casa”. Partiamo. I bambini camminano per 2 km senza un lamento. Raggiungiamo la Colletta. Il prato è pieno di cacche di pecora (o di mucca? sembrano cacche di mucca) ma dopo dieci giorni chiusi in casa mi sembra bello come il Gran Paradiso. 

“Mamma ma qui è pieno di cacche”. 

“Dai Pietro non fare lo schizzinoso, siamo nella natura, siamo liberi è tutto meraviglioso”.

Ci sediamo per terra a mangiare paninetti tra una cacca e un’altra e poi ci spostiamo per andare a giocare in mezzo agli alberi. Siamo felici. Liberi e felici e pieni di… fango?

Il sole cala. È ora di andare ma i bambini ora sono stanchi come faccio a farli camminare altri 2 km per tornare fino a casa?

In quel momento vedo l’entrata del cimitero monumentale e ho una delle mie brillanti idee.

“Bimbi passiamo dal cimitero per tornare così lo vedete?”. La mia proposta viene accolta con entusiasmo. Sono proprio figli miei. 

Entriamo nel cimitero. Non c’è anima viva. Pietro inizia a guardare le piccole fotografie che lui chiama quadretti dicendo: “Questa è morta. Questa anche. Quest’altro… anche”.

Passeggiamo tranquilli riflettendo sulla vita e sulla morte mentre il tramonto illumina gli angeli di marmo del cimitero creando un’atmosfera surreale. Che pace.

In quel momento sento in lontananza il suono di una campanella. Insistente e continuo. La campanella suona da almeno 5 minuti come mai? Solo in quel momento mi chiedo: “perché non c’è nessuno? Starà mica chiudendo il cimitero?” Eccola lì. La fulminante presa di consapevolezza. 

“Bambini correte!!!!! Dobbiamo raggiungere l’uscita prima che chiuda!!!!”.

I bambini corrono in mezzo alle tombe. Vorrebbero fermarsi ad ammirare gli angeli liberty, i fiori, gli alberi e i chilometri di porticati, cercare la tomba di Silvio Pellico continuando a farmi domande sulla vita ma io invece li trascino correndo. Questo cimitero è immenso ma dove diavolo è l’uscita? Finalmente raggiungiamo i cancelli di Corso Novara. 

Vitto che ci vede bene al contrario di me urla:

“Mamma guarda che il cancello è chiuso!”. 

E in effetti è proprio così. Il cancello è chiuso. È l’ultimo giorno di quarantena, sono le 17.30, il sole è quasi tramontato e io sono chiusa dentro al cimitero con i miei figli e il cane. Sì c’è anche il cane. 

Pietro inizia a piangere “Mammaaaa io non voglio dormire al cimiterooooo!”. 

Vediamo un signore. Anche lui come noi è rimasto chiuso dentro e parla con la moglie che lo aspetta dall’altra parte del cancello. Fossi in loro mi porrei delle domande.

La signora è sul piede di guerra: “Ora chiamo i vigili per farci aprire”.

Panico. Sono ufficialmente ancora in quarantena fino a domani e sono chiusa dentro al cimitero con i miei figli e il cane. “Signora nooooooooooo”.

Mi guardano stupiti poi decidono di provare a chiamare il numero delle emergenze scritto su un cartellino vicino all’uscita accompagnato da un grande SOS. 

“Bimbi tranquilli in qualche modo torneremo a casa sicuramente non dormiremo qui tra una tomba e l’altra.”

Forse potrei iniziare ad insegnargli la canzone era una notte di pioggia a catinelle andavo in giro senza le bretelle quando ad un tratto vidi un cimitero com’era buio com’era nero.

Pietro ride piangendo. Vitto è divertita, come sempre lei prende tutto bene: “Che bello mamma! Facciamo il pigiama party”.

“Il pigiama morty Vitto.”

Al numero delle emergenze non risponde nessuno e la signora prende il telefono pronta a chiamare il vigile. È la fine. Questa è la fine. Mando un messaggio a Lori per avvisarlo “Siamo chiusi dentro al cimitero. È la fine.” 

In quel momento. Quando già mi sembra di sentire la sirena dei vigili, mentre mi immagino la loro reazione ascoltando il mio racconto “ho portato i bambini a fare merenda in mezzo alle cacche perché avevano bisogno di vitamina D e ci siamo persi dentro al cimitero” finalmente, animato da una forza divina, il cancello, si apre. 

Il vecchio signore guarda i bambini amorevolmente “questa sì che è stata una bella avventura eh piccini?”. 

Divina Signore. Divina.

Rimarrà una memorabile uscita dal Covid e dal cimitero Monumentale.

Ringrazio il cielo per avermi aperto i cancelli.

E così sia.

Tutti i fatti narrati potrebbero essere puro frutto della mia immaginazione.

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