
C’era una volta un pesciolino piccolo piccolo. Piccolo come un seme, anzi come un granello di sabbia.
Questo pesciolino era così piccolo che potevi solo immaginarlo.
Era un pensiero luminoso. Rubato all’universo da un grande amore.
Pesciolino nuotava. E lo sentiva tutto quell’amore lì. Era un respiro del cuore.
Un abbraccio tiepido intorno a lui. Un mare calmo, una luce gentile. Un battito cullava il suo sonno e non lo faceva mai sentire solo.
Ogni tanto quel mare diventava all’improvviso più caldo. E una voce bellissima lo attraversava creando dolcissime onde. E danzava, danzava. Chiudeva gli occhi e si muoveva. Si fidava di quello che sentiva. Lì dove si trovava non esisteva lo sguardo del mondo e lui non conosceva un altro modo di esistere. Sapeva ascoltarsi e ascoltare. Lì, in quel sentire, c’erano tutte le risposte.
Certi ricordi non sono fatti di parole ma solo di sensazioni. Quello che sentiamo rimane parte di noi. Come una seconda pelle invisibile agli occhi che ci proteggerà per sempre.
I giorni passavano e pesciolino cresceva. Il mare intorno a lui però era sempre lo stesso e col tempo lui iniziò a sentirsi un po’ stretto. Non aveva più tutto quello spazio per rotolare e girare su se stesso e una forza irresistibile aveva iniziato a spingerlo a testa in giù.
All’inizio era divertente. Uno, due, tre capriola! Poi un giorno non riuscì più a tornare su. Rimase bloccato così con la testolina verso il basso e iniziò a sentirsi un po’ scomodo.
Accadde poi che un giorno il mare iniziò a incresparsi. Quella forza potente e sconosciuta iniziò a scuoterlo, schiacciarlo, spingerlo.
Pesciolino non ebbe il tempo di avere paura.
Uno squarcio di luce, una discesa ripida e poi il freddo. Un freddo che gli tolse il fiato. Non avrebbe mai più avuto così freddo in tutta la sua vita come in quel momento.
Tornò subito dopo il respiro. Un respiro nuovo. Un respiro di aria fresca. Un pieno e un vuoto, il ritmo degli alberi e della terra, una cantilena “in questo respiro tu esisti, in questo respiro tu esisti, in questo respiro, tu esisti”.
E poi lo ritrovò. L’abbraccio caldo che l’aveva cullato per mesi.
Una lacrima rimase lì. Appesa come un frutto maturo ad un angolino del suo occhio. Era una lacrima di nostalgia. Una nostalgia che l’avrebbe accompagnato per tutta la vita ricordandogli, sotto la prima pelle che tutto cambia ma la salvezza, quella resta per sempre. Non avrebbe mai più ritrovato intorno a lui quel mare calmo. Ma l’avrebbe portato dentro. Nei battiti del suo cuore.
Due braccia lo presero. Pelle contro pelle. Cuore contro cuore. Era così bello ritrovarsi che faceva quasi male. Un bacio asciugò la lacrima come a volersi riprendere quel mare da cui tutto ha origine.
La Nostalgia resta per sempre. Fa parte del viaggio. È il ricordo di un amore senza condizioni che non è fatto di parole ma di atomi di luce.
Ad ogni bambino e ad ogni mamma. Alla nostalgia del principio e al mare sicuro. Al distacco senza il quale non potremmo esistere. All’amore senza il quale non potremmo esistere.
Al respiro della terra e al ricordo, del respiro del cuore.
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